Wittgenstein disse: “Se anche il leone sapesse parlare, noi non capiremmo ciò che dice”. Perché? E’ semplice, perché non viviamo nello stesso “mondo”. I nostri universi percettivi, la nostra struttura cognitiva e motivazionale non sono sovrapponibili, non abbiamo terreni comuni su cui comprenderci linguisticamente che non siano quelli già condivisi nella comunicazione non verbale.
Linguaggi diversi. Eppure anche tra gli esseri umani esistono linguaggi diversi, e non mi riferisco all’esistenza di diversi idiomi. E’ all’interno di uno stesso idioma che coesistono modalità comunicative molto differenti.
Ben lo sapeva Raymond Queneau, che nei i suoi “Esercizi di stile” ci offrì ben novantanove variazioni stilistiche dello stesso raccontino, che di volta in volta diventa comica, epica, cronaca, lirica, ermetismo, dramma, gioco di parole.
E in anni più recenti Bandler e Grinder hanno studiato approfonditamente i modelli linguistici creando una nuova disciplina, la Programmazione Neuro-Linguistica (PNL). Essi hanno teorizzato che gli stimoli ricevuti dagli organi di senso vengono elaborati e organizzati in una percezione, dotata di senso, che dà una rappresentazione della realtà, e che tale rappresentazione può essere espressa mediante il linguaggio. La cosa interessante che hanno scoperto è che ciascuno di noi veicola mediante il proprio stile comunicativo la propria soggettiva mappa del mondo.